ANCHE PER I MILITARI IL VACCINO È UN PROBLEMA

Non è la prima volta che i militari italiani vengono usati come vere e proprie cavie. Anche oggi, purtroppo, con la somministrazione massiva del cosiddetto vaccino anti-covid, si sta riproponendo questo: una sperimentazione ai danni del corpo delle Forze Armate dello Stato e delle Forze dell’ordine. QUI L’ARTICOLO PER INTERO.

IL RISCHIO RELATIVO AI VACCINI PLURIDOSE – COM’È QUELLO DI PFIZER – È ORMAI RISAPUTO.

Lo sanno tutte le autorità competenti in materia: i Ministeri, l’Istituto Superiore di Sanità e l’Aifa. Tutti sono da tempo informati della maggiore pericolosità dei pluridose, data la pubblicità dei lavori e dei risultati della commissione di inchiesta sull’uranio impoverito e sui vaccini.

La Commissione nella scorsa legislatura ha infatti ribadito che «nell’ottica della eliminazione o quantomeno della massima riduzione del rischio di effetti negativi conseguente all’uso di vaccini in dosi multiple, RACCOMANDA L’UTILIZZO DI VACCINI MONODOSE» e che «[…] tale modalità di inoculazione appare, dunque, la più corretta per evitare l’insorgere di reazioni avverse».

Il rischio relativo ai vaccini pluridose risiede nel fatto che i componenti più pesanti e pericolosi, disciolti in soluzione, tendono a depositarsi sul fondo della boccetta se non adeguatamente agitati, e raccolti nell’ultima dose iniettata. IL VACCINO ATTUALMENTE IN SOMMINISTRAZIONE PFIZER È DICHIARATO ESSERE UN PLURIDOSE.

Perciò, come avverte il Cdc americano nelle indicazioni su come preparare il vaccino prima dell’iniezione, nonché le indicazioni del foglietto illustrativo, IL VACCINO NON PUÒ VENIRE AGITATO.

La stessa Commissione ha appurato la correlazione statisticamente significativa tra le malattie occorse ai militari, nel lungo periodo, e la profilassi vaccinale, confermata anche dall’articolo scientifico:
«Incidenza di tumori maligni (1996-2012) in giovani militari italiani inviati in missione all’estero. Analisi preliminare dei dati della Commissione parlamentare di inchiesta su uranio impoverito e vaccini (CUC)».
A ciò si aggiunge che ad oggi «NON È POSSIBILE AL MOMENTO PREVEDERE DANNI A LUNGA DISTANZA», e questo è esplicitato anche nel modulo di consenso informato allegato alla circolare della somministrazione del farmaco della Pfizer.

Malgrado ciò, oggi per i nostri militari «l’eventuale rifiuto di sottoporsi ad una vaccinazione “indispensabile”, dovrà essere annotato e controfirmato sulla scheda vaccinale e notificato al Comandante di Corpo per i PROVVEDIMENTI DI COMPETENZA» (circolare dell’Aeronautica militare comando logistico, servizio sanitario, n. M D ARM003-REG2020-0138864-28-12-2020 avente ad oggetto: «Emergenza epidemica CORONAVIRUS COVID-19»).

I provvedimenti consequenziali plausibili sono le sanzioni previste per la DISERZIONE, RIVOLTA, AMMUTINAMENTO, PROCURATA INFERMITÀ O DI ABBANDONO DI POSTO, anche se in nessuna di queste fattispecie ricade la “non vaccinazione”, in quanto le obiezioni possono venire ricondotte a motivi ostativi previsti dal codice dell’ordinamento militare e non ad una disobbedienza ad un ordine.

Forse non si rammenta che secondo la nostra Costituzione «LA LEGGE NON PUÒ IN NESSUN CASO VIOLARE I LIMITI IMPOSTI DAL RISPETTO DELLA PERSONA UMANA» (articolo 32, secondo comma).

Per questo ho presentato un’interrogazione a Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa e al Ministro della salute in cui chiedo se il Governo intenda coinvolgere le sigle sindacali oggi registrate presso il Ministero della difesa, nonché i medici competenti designati, al fine di determinare, in un confronto democratico, delle linee guida specifiche che tengano conto della possibilità per il militare di negare il consenso senza subire provvedimenti sanzionatori, prima dell’avvio della profilassi.