L’Italia è un Paese fondato sulla guerra (e dal Pd a Fdi lo sanno bene)

Mentre tutto affonda, c’è un’economia che sta crescendo rapidamente e in maniera sempre più consistente. È l’economia di guerra: un settore miliardario, mangiatoia di numerosi politici italiani, da destra a sinistra. Dietro la prosperosa industria delle armi Made in Italy c’è infatti un’intera classe dirigente che, arricchendosi con l’industria della morte, sta portando il nostro Paese alla catastrofe. Per conoscerne i nomi e i volti, ancora una volta, basta seguire il consiglio del grande Falcone: segui i soldi… Nel merito ho presentato un’interrogazione (che potete leggere al termine del post).

di Sara Cunial

Nel 2020, il valore complessivo delle autorizzazioni per movimentazioni di materiali d’armamento è stato di €4,821 miliardi (“mdi”), dei quali €4,647 mdi in uscita dall’Italia ed €174 milioni (“mln”) in entrata (dato non includente i trasferimenti intracomunitari)[1].

I primi operatori del settore sono:

  • LEONARDO (31,58%),
  • FINCANTIERI (25,27%),
  • IVECO DEFENCE VEHICLES (8,66%) e CALZONI (5,81%) (entrambi in quota FINMECCANICA)

Queste rappresentano circa il 71,32% del valore monetario degli scambi. Secondo i dati prodotti dal MAECI, emerge che le prime 15 società esportatrici hanno un peso del 91,48% sul totale del valore esportato con licenze individuali relativo a 123 esportatori complessivi[2].

Chi c’è dietro queste società è presto detto:

  • LEONARDO è una spa attiva nei settori della difesa, dell’aerospazio e della sicurezza. Nata dalla rinominazione di Finmeccanica S.p.A. nel 2017, il suo maggiore azionista è il Ministero dell’economia e delle finanze italiano, che possiede una quota di circa il 30%. Amministratore delegato di Leonardo[3] è Alessandro Profumo, già presidente del Monte dei Paschi di Siena e amministratore delegato del gruppo UniCredit (tra l’altro indagata per frodi elettorali internazionali e nazionali). Uomo molto vicino al centro-sinistra e in particolare a Massimo D’Alema[4][5], già Ministro degli esteri e vicepresidente del Consiglio del governo Prodi e presidente del Consiglio dal ’98 al 2000 (quando, con Sergio Mattarella Vicepresidente del Consiglio con delega ai Servizi di Sicurezza, in aperta violazione della Costituzione e senza alcun mandato dell’ONU, aveva scaricato sulla Jugoslavia più bombe di quante mai sganciate su una nazione europea dopo la Seconda Guerra Mondiale), sarebbe oggi al centro di un affare miliardario inerente una commessa offerta al governo colombiano di navi, sommergibili e aerei da guerra prodotti dalle aziende di Stato italiane, in particolare da Leonardo.

Il presidente della FONDAZIONE LEONARDO è Luciano Violante[6], ex magistrato, ex presidente della Camera ai tempi dell’Ulivo, uomo di Napolitano, nel 2013 entrò a far parte del gruppo di lavoro finalizzato alla “presentazione di proposte programmatiche in materia istituzionale, economico-sociale ed europea”. Oggi in quota PD[7] [8]. È presidente onorario della Fondazione “Italia decide” presieduta da Angela Finocchiaro e nata per promuovere “un’analisi condivisa per la soluzione dei problemi di fondo del nostro Paese, di guardare al futuro attraverso strategie di medio-lungo periodo”. Promossa, tra gli altri, da Carlo Azeglio Ciampi, Giuliano Amato, Gianni Letta, Pier Carlo Padoan e Giulio Tremonti. Tra i soci: Enel S.p.A., Eni S.p.A., Leonardo S.p.A., Intesa Sanpaolo S.p.A., Legacoop Produzione & Servizi, Terna S.p.A., e molti altri ancora…[9] Dal 4 febbraio 2019 è anche presidente della Fondazione Leonardo -Civiltà delle Macchine nata dall’ex Finmeccanica e intenta a promuovere tra le altre cose “un nuovo umanesimo digitale”[10].

Da un’iniziativa di Leonardo Spa è nata anche la Fondazione Med-Or, presieduta da Marco Minniti[11], già sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nel governo D’Alema I, con delega ai servizi segreti nel governo D’Alema II. Sottosegretario alla Difesa nel governo Amato e, dal 2006 al 2008, Viceministro dell’Interno nel governo Prodi. Dal 2013 al 2016 ancora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega ai servizi segreti, prima nel governo Letta e in seguito nel governo Renzi. Dal 2016 al 2018 è Ministro dell’Interno nel governo Gentiloni. Dal 2001 al 2021 è parlamentare con il PD.

  • FINCANTIERI (25,27%) è presieduta da Giampiero Massolo, già capo della segreteria particolare del Presidente del Consiglio nel governo Berlusconi 1[12]. Dal 2000 al 2004 è vicesegretario generale del Ministero degli Affari Esteri, e capo di gabinetto del Ministro degli Esteri Fini. Nel 2007 diviene Segretario generale del Ministero degli affari esteri, funzionario più alto in grado nella struttura amministrativa ministeriale. Nel 2012 il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica lo nomina direttore del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza. Dopo aver lasciato l’incarico di coordinamento dell’intelligence italiana nell’aprile 2016, un mese dopo diviene presidente di Fincantieri. Il 22 novembre 2016 viene eletto anche presidente dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (ISPI). È membro del gruppo italiano della Commissione Trilaterale e del comitato esecutivo della sezione italiana dell’Aspen Institute[13].

Ovviamente queste società vivono e prosperano grazie a una politica connivente, complice o prostrata al fruttuoso mercato della guerra. Del resto l’intenso dialogo tra Stato e Lobby delle armi non è mai stato così facile e fluido.

Basti pensare che a presiedere l’AIAD, la Federazione delle Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza che accoglie nel proprio ambito la quasi totalità delle imprese nazionali, ad alta tecnologia, che esercitano attività di progettazione, produzione, ricerca e servizi nei comparti aerospaziale civile e militare, navale e terrestre militare e dei sistemi elettronici ad essi ricollegabili, è Guido Crosetto[14] (parlamentare eletto con FDI e dimesso a due mesi dall’insediamento nonché popolare braccio destro di Giorgia Meloni). L’AIAD, si legge sul sito, “mantiene stretti e costanti rapporti con organi e istituzioni nazionali, internazionali o in ambito NATO al fine di promuovere, rappresentare e garantire gli interessi dell’industria che essa rappresenta”. Significativa l’attività svolta a riguardo dal NIAG (NATO Industrial Advisory Group) garantita attraverso i propri esperti[15].

Mentre ad occuparsi della questione militare nei palazzi della politica, sono spesso ex colleghi, amici e parenti[16] in un valzer di nomine, scambi di poltrone e commistioni varie che lascia poco spazio all’immaginazione.

  • Lorenzo Guerini, ministro della Difesa in quota Pd: è considerato il più influente tra i capi di Dicastero piddini.
  • Roberta Pinotti, ex inquilina di via Venti Settembre, presiede la commissione Difesa del Senato, è parte della Delegazione parlamentare italiana presso l’Assemblea parlamentare della Nato insieme all’on. Luca Lotti, Pd.
  • Alberto Pagani, capogruppo del Pd nella commissione difesa e membro della Delegazione parlamentare presso l’assemblea parlamentare della NATO insieme ad Enrico Borghi che si occupa più d’intelligence.
  • Francesco Saverio Garofani, è segretario nel Consiglio supremo di difesa. Già parlamentare con il centrosinistra per tre legislature.
  • Nicola Latorre, parlamentare dal 2013 e presidente della Commissione Difesa del Senato in quota Pd. Dal 2020 Direttore Generale dell’Agenzia Industrie Difesa, ente che gestisce le unità industriali della Difesa[17].

Di cosa stupirsi, allora, se nelle commissioni di Camera e Senato, neanche un anno fa, è intervenuta qualche manina per dirottare una parte dei fondi europei del Recovery plan, verso la filiera militare delle armi[18]? C’è forse da sorprendersi dell’impegno dei nostri militari e dei nostri armamenti nei principali conflitti al mondo[19]?

Assolutamente no. Quando i rappresentanti dell’industria militare, della Federazione aziende italiane per l’aerospazio, della difesa e la sicurezza, dell’Associazione nazionale produttori armi e munizioni sportive e civili, e naturalmente del colosso industriale Leonardo spa (da cui proviene oltretutto il ministro della Transizione Ecologica Cingolani[20]), vanno a braccetto con chi deve decidere della loro sorte e dei loro lauti bilanci, non c’è proprio da meravigliarsi di nulla. L’unico dettaglio che fa strabuzzare gli occhi resta, forse, ancora una volta, la loro capacità di parlare del contrario che puntualmente fanno. Alla faccia della pace, della non violenza, della Costituzione che afferma l’Italia ripudia la guerra. La politica italiana tutta, sulla guerra, ha costruito una fortuna.

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