50 anni di Assange, uomo libero alla ricerca della verità

Cinquant’anni fa nasceva Julian Assange, uomo libero, giornalista indipendente, cofondatore e caporedattore dell’organizzazione divulgativa WikiLeaks. Detenuto nel Regno Unito arbitrariamente, come dichiarato dalla Commissione Onu sulla Detenzione Arbitraria, dal 7 Dicembre 2010 per aver esercitato la sua professione, rivelando fatti ed illeciti avvenuti, in particolare nei teatri di guerra in Iraq ed Afghanista.

“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.”

È l’articolo 21 della nostra Costituzione. Ormai rimosso e dimenticato. La libertà di espressione è stata rimossa, così come il giornalismo indipendente e la dignità di un Paese democratico. Se no non si spiegherebbe il silenzio imbarazzante e l’indecente menefreghismo attorno alla questione Assange e sulla sua condizione dopo oltre 10 anni di persecuzione, detenzione, tortura e isolamento.

La sua colpa? Aver fatto il suo dovere! Aver riportato notizie verificate come ogni giornalista è tenuto a fare. Aver svolto normale lavoro di giornalismo investigativo!

Assange, tramite WikiLeaks, non ha fatto altro che rendere pubblici e documentati i giganteschi crimini commessi dalle truppe Usa, insieme ad altre forme di criminalità e di corruzione e agli innumerevoli illeciti compiuti dall’amministrazione Obama.

Stiamo parlando di oltre 250.000 documenti statunitensi, molti dei quali etichettati come «confidenziali» o «segreti», sull’azioni di guerra in Iraq e Afghanistan a danno di civili. E di oltre 30.000 email e documenti inviati e ricevuti tra il 2010 e il 2014 da Hillary Clinton, Segretaria di Stato dell’Amministrazione Obama. Tra questi una email del 2011, la quale rivela il vero scopo della guerra Nato alla Libia perseguito in particolare da Usa e Francia: impedire che Gheddafi usasse le riserve auree della Libia per creare una moneta pan-africana alternativa al dollaro e al franco Cfa, la moneta imposta dalla Francia a 14 ex colonie.

Insieme alle decine di migliaia di documenti, che hanno portato alla luce i veri scopi di questa e altre operazioni belliche, WikiLeaks ha anche pubblicato le immagini video delle stragi di civili in Iraq e altrove, mostrando il vero volto della guerra e della colonizzazione occidentale della quale anche l’Italia è complice e serva.

Si chiama giornalismo. Ma è scomodo e non va più di moda. Oggi i pochi veri giornalisti operano in condizioni sempre più difficili e rischiose, e spesso i loro resoconti vengono censurati dai grandi media, nei quali dominano le veline che sorreggono la narrazione ufficiale degli eventi.

Assange con il suo lavoro ha aperto crepe nel muro di omertà mediatica che copre i reali interessi di potenti lobby, quelle che Giulietto Chiesa chiamava i Padroni del mondo, le quali, operando nello «Stato profondo», continuano a giocare la carta della guerra, con la differenza che oggi, con le armi nucleari e le nuove tecnologie, 5G in primis, possono portare il mondo alla catastrofe finale.

A questo dovrebbero servire i giornalisti, un tempo cani da guardia del potere, oggi tristemente ridotti a cagnolini da compagnia delle élite.

117 medici e psicologi hanno pubblicato sulla rivista Lancet un appello nel quale denunciano la sua precaria condizione di prigionia, associabile a forti torture fisiche e psicologiche.

Quello che stanno uccidendo, umiliando e torturando non è solo un uomo innocento, ma è il simbolo della verità che a tutti noi sta venendo sottratta.

La sua condizione è la nostra, tutti noi siamo in pericolo: imbavagliati, costretti a difenderci, oscurati, minacciati, impossibilitati ad avere notizia affidabili per capire cosa succede a casa nostra e nel mondo intero. E questo non è il futuro, bensì il presente. Il silenzio e l’inerzia sulla condizione di Julian Assange è la prova provata di come la censura agisca non solo raccontando menzogne, bugie, ma tacendo ciò che non deve essere noto, con la speranza che venga dimenticato, oscurato e silenziato.

Non succederà. Assange, la sua presenza, il suo lavoro, la sua denuncia, la sua storia… sono una chiamata al risveglio e all’azione per tutti gli uomini liberi.