Cancel Culture e democrazia. Un binomio inconciliabile

Le democrazie liberali sono state messe sotto scacco da un meta-evento globale più grande di qualsiasi potere hobbesianamente inteso. Dunque il problema non è la pandemia in sé, quanto invece la pandemia per sé, e tutte le vulnerabilità politiche, economiche e sociali che ha contribuito ad accentuare.

La lente deformante dei media mainstream contribuisce ad alimentare una psicologia delle masse basata su paternalismo invasivo, basato su una graduale iniezione di terrore diffuso da somministrare in pillole di informazione per gli utenti, spettatori passivi dell’oracolo televisivo. Le piattaforme social mainstream rappresentano il vero strumento che ha consentito questa rivoluzione regressiva della nostra democrazia.

Le democrazie occidentali sono state “hackerate”, nello spettro di oltre 3 decenni di privatizzazioni e cessioni di sovranità multilivello a vantaggio di organismi di potere internazionali, e multinazionali che ora si sostituiscono allo Stato in delicati campi di regolazione della vita sociale: in materia di comunicazione, informazione, ma soprattutto in campo sanitario.

A seguito dei fatti statunitensi, come si è potuto osservare nelle ultime giornate, Big Tech non ha avuto bisogno di nascondere il suo autentico volto, la cosiddetta Cancel Culture, fiore all’occhiello delle nuove forme di censura nell’era delle reti distribuite, non ha tardato nel mostrare i suoi connotati dispotici e illiberali. Le prove di questa affermazione sono a portata di mano, o se si preferisce di click.

Infatti solamente nelle ultime due giornate, oltre 2 milioni di persone hanno scaricato Telegram, e tanti altri hanno deciso di scaricare altre app di messaggistica (come Signal) più attente alla privacy e meno dedite alla mercificazione dei dati degli utenti, un’attenzione che il colosso mainstream maggiormente noto, Whatsapp, ha dimostrato di non avere nel corso degli ultimi anni.

Per gli individui che nutrono leciti dubbi sulle ricostruzioni come la seguente, (etichettabile come eccessivamente critica, complottista o semplicemente superflua) si tratta di scegliere se essere complici o spettatori passivi di questo pattern estrattivo mandato avanti da Big Tech oppure no. Un individuo è libero di scegliere, viene informato e prende liberamente una decisione. Le alternative social e della comunicazione interpersonale esistono. Però se un individuo non è disposto a fare a meno di questa tacita (e più o meno consapevole ) logica estrattiva mandata avanti da Big Tech a danno degli utenti stessi faccia pure. Il cittadino autenticamente democratico non impone percorsi, bensì indica e suggerisce l’esistenza di strumenti del comunicare alternativi a tutti coloro i quali non hanno approfondito gli aspetti mediatici legati a questa transizione digitale. La scelta è sempre individuale. Le soluzioni per evadere dalla logica algoritmica estrattiva esistono, è vero al momento sono appannaggio di poche persone, ma esistono. Usciamo dal sistema

Gian Nicola Marras. Sociologo ed educatore. Appassionato di calcio come fenomeno antropologico. Biker. Da sempre promotore di un dibattito critico come mezzo di inclusione sociale. Fanatico della libertà di espressione e della tolleranza.