IL COVID PASS ITALIANO? ILLEGITTIMO, DISCRIMINANTE. CREATO PER CONFONDERE IL CITTADINO NON INFORMATO

Deve esserci stato un errore… oppure un’incomprensione nella traduzione dall’inglese all’italiano, del testo del Regolamento UE che disciplina il Digital Green Pass… se no non si spiega come il nostro sapientissimo governo e il nostro acutissimo parlamento abbiano potuto legiferare in maniera così palesemente illegittima.

Il 15 giugno 2021 la Commissione Europea con il regolamento (UE) 2021/953 ha disciplinato il Digital Green Pass, ovvero «un certificato da usare in modo facoltativo dai Paesi membri, interoperabile e di reciproco riconoscimento, per agevolare la revoca graduale delle restrizioni alla libera circolazione poste in essere dagli Stati membri, in conformità del diritto dell’Unione, per limitare la diffusione del Sars-CoV-2 in modo coordinato».
 
Lo scopo del Digital Green Pass europeo è quello «di agevolare l’esercizio del diritto di libera circolazione durante la pandemia di COVID-19 da parte dei loro titolari», SENZA COMPROMETTERE LA STESSA LIBERTÀ DI CIRCOLAZIONE. Il regolamento non lo rende obbligatorio ai fini della libertà di circolazione sul territorio europeo; infatti, l’articolo 3, paragrafo 6, del regolamento prevede che: «IL POSSESSO DEI CERTIFICATI DI CUI AL PARAGRAFO 1 NON COSTITUISCE UNA CONDIZIONE PRELIMINARE PER L’ESERCIZIO DEL DIRITTO DI LIBERA CIRCOLAZIONE».
 
Il Governo italiano con la legge n. 87 del 2021, però, ha disciplinato le Certificazioni verdi COVID-19, collegate al Digital Green Pass, in anticipo, tanto che ormai il regolamento UE prevale come fonte del diritto, trovandosi ora una norma del tutto inutile, se non a fare confusione. Lo stesso decreto, all’articolo 9, inoltre introduce scopi e obblighi non previsti, che vanno ben oltre l’agevolazione degli spostamenti: l’obbligo ad averlo per la permanenza di accompagnatori nelle sale di attesa, per consentire le uscite dei residenti delle Rsa e per far frequentare eventi, fiere e congressi, centri culturali, centri sociali e ricreativi, feste e cerimonie. Tutte previsioni chiaramente discriminatorie verso chi non possiede un certificato verde, soprattutto nei confronti di chi non possiede il certificato più facile da ottenere, ovvero quello vaccinale.
 
Il Regolamento UE afferma che: «IL RILASCIO DI CERTIFICATI […] NON DOVREBBE DAR LUOGO A UNA DISCRIMINAZIONE SULLA BASE DEL POSSESSO DI UNA CATEGORIA SPECIFICA DI CERTIFICATO». Ma con la campagna pressante dei media, quale sarà il certificato che andrà più di moda?
 
Inoltre il Ministro Speranza, con ordinanza del 18 giugno 2021, ha disposto, abusando, l’obbligatorietà del certificato verde COVID-19, e quindi del Digital Green Pass, per tutti coloro che fanno ingresso nel Paese, in pieno contrasto con la norma europea.
Il Regolamento UE, infatti, riporta per iscritto (nella versione inglese – e in tutte le altre lingue – tranne che nella traduzione italiana) che è necessario PREVENIRE LA DISCRIMINAZIONE DIRETTA O INDIRETTA NEI CONFRONTI DELLE PERSONE CHE HANNO SCELTO DI NON FARSI VACCINARE.
 
Non sembra che il nostro Governo si sia fatto molti problemi ad ignorarlo. Forse a qualcuno la traduzione errata ha offerto opportunità ghiotte per creare discriminazione e confusione. Abbiamo visto come funziona bene la propaganda e male il Parlamento…
 
Per tutti questi motivi ho interrogato il Governo per abrogare il decreto-legge n. 52 del 2021, nelle parti contrastanti con il regolamento europeo, per revocare l’ordinanza di Speranza e per chiedere che la Libertà di scelta vaccinale sia ben evidenziata anche nel testo del regolamento in italiano.
 
Qui potete leggere l’interrogazione per intero.
Grazie ad Arianna e a tutta la comm. Internazionale di R2020 per l’instancabile lavoro e gli straordinari risultati 🙏❤️