“I vaccini genetici anti-covid sono una forma di sperimentazione medica” – Articolo censurato da Mediapart, in versione integrale

Riportiamo l’articolo Les vaccins génétiques anti-covid sont une forme d’expérimentation médicale di Alessandro A. Negroni, professore associato abilitato in Filosofia del diritto e autore da ultimo del libro La libertà di (non) vaccinarsi (Vicolo del Pavone, 2021), originariamente pubblicato in Francia l’8 ottobre 2021 nel blog di Mediapart di Laurent Mucchielli (sociologo e direttore al Centre national de la recherche scientifique, una del più autorevoli organizzazioni di ricerca al mondo).

Il 9 ottobre Mediapart censurava l’articolo, rimuovendolo dal sito e affermando in un successivo post che l’articolo avrebbe diffuso “false informazioni”; immediatamente Mucchielli esprimeva sul proprio profilo Twitter disappunto per la scelta di Mediapart, rilevando peraltro come fosse incredibile che dei giornalisti si considerassero più competenti degli accademici e in diritto di dire agli stessi cosa si deve pensare. Lo stesso giorno l’articolo veniva reso disponibile dalla redazione di Mediaplus “a sostegno della libertà di espressione, nel rispetto del contradditorio”.

Quella che segue è una traduzione in italiano dell’originale in francese (che resta comunque il testo di riferimento) messa a disposizione da R2020.

I vaccini genici anti-covid sono una forma di sperimentazione medica

di Alessandro A. Negroni

La sperimentazione medica comprende una pluralità di forme di sperimentazione, senza che neppure sia sempre possibile tracciare una separazione netta e precisa tra le diverse forme di essa, e senza considerare come la sperimentazione medica non sia necessariamente condotta sugli esseri umani (esistono infatti anche le sperimentazioni mediche condotte sugli animali o in laboratorio senza l’ausilio di cavie), per quanto in questa sede si discuta esclusivamente di sperimentazione medica sugli essere umani (1).

Così, per esempio, una distinzione rilevante all’interno della sperimentazione medica è quella tra sperimentazione “terapeutica” e sperimentazione “non terapeutica” (o “pura”): la sperimentazione terapeutica è condotta su un soggetto malato e ha come finalità quella di giovare alla salute del soggetto; la sperimentazione non terapeutica è condotta su un soggetto sano e ha esclusiva finalità di ricerca (2).

In realtà tale distinzione è meno netta di quanto possa apparire. Anche una sperimentazione terapeutica possiede comunque una finalità di ricerca e d’altra parte non si può escludere che una sperimentazione non terapeutica possa giovare (se non altro indirettamente) anche agli stessi soggetti che vi sono sottoposti accrescendo il patrimonio di conoscenze della medicina.

Quando noi conduciamo una qualsiasi forma di sperimentazione vi è un rischio di danno di cui non conosciamo la natura e l’ampiezza poiché la sperimentazione è per definizione una attività che noi iniziamo senza conoscerne gli effetti su noi stessi, su altri esseri umani, sugli animali o sull’ambiente(3).

La sperimentazione medica sugli esseri umani, in quanto realizzata con la finalità di verificare effetti, efficacia e sicurezza di un trattamento sanitario per la salute umana (senza conoscere a priori quale sarà il risultato), espone il soggetto umano della sperimentazione a un rischio per la salute che noi ancora non conosciamo. Il “trattamento” potrà essere, per esempio, un determinato farmaco, una particolare tecnica medica o al limite anche l’assenza di intervento su un paziente.

La sperimentazione medica sugli esseri umani è caratterizzata dunque dall’esposizione del soggetto umano della sperimentazione a un rischio ignoto per la salute e vi è chi ritiene che il consenso di un individuo sano a sottoporsi alla sperimentazione medica rappresenti la «libera accettazione a sottoporsi a un’attività rischiosa» (4).

In altre parole, la presenza di un rischio ignoto per la salute può considerarsi un “contrassegno”della sperimentazione medica sugli esseri umani e anche ciò che permette di distinguere la sperimentazione medica (terapeutica o non terapeutica) da altri interventi medici in cui il paziente viene sottoposto al miglior trattamento disponibile consolidato (5).

Non è un caso se storicamente (dal Codice di Norimberga in poi), come anche osservano Ruth Faden e Tom Beauchamp, la prima e principale preoccupazione morale e legale relativa alla sperimentazione medica sugli esseri umanisiaquella di controllare il “rischio” per la salute al quale il soggetto umano della sperimentazione è esposto (6).

I vaccini genici anti covid-19

A proposito del vaccino covid-19 della Pfizer-BioNtech (ma il discorso è analogo per gli altri vaccini covid-19 disponibili nell’Unione europea) occorre osservare:

1) nel lungo periodo gli effetti e i danni del vaccino covid-19 sulla salute non sono noti e non sono prevedibili (come anche indicato nel punto 10 del modulo del consenso informato del ministero della salute italiano);

2) non sono noti il potenziale cancerogeno, la genotossicità e la capacità di compromettere la fertilità maschile del vaccino covid-19. Alla pagina 12 della scheda Product Information della European Medicines Agency relativa al vaccino covid-19 della Pfizer-BioNtech viene ricordato: «Neither genotoxicity nor carcinogenicity studies were performed»  («nessuno studio di genotossicità o sul potenziale cancerogeno è stato condotto»). E similmente alla pagina 15 del Package Insert della U.S. Food and Drug Administration si legge: «Comirnaty has not been evaluated for the potential to cause carcinogenicity, genotoxicity, or impairment of male fertility» («Comirnaty non è stato valutato riguardo al suo potenziale cancerogeno, genotossico o di compromissione della fertilità maschile»);

3) il vaccino covid-19 comporta un rischio (ignoto) per la salute poiché efficacia e sicurezza del vaccino non sono noti sulla base di studi clinici completi e sono ancora necessari al riguardo dei dati aggiuntivi. Il vaccino covid-19 ha infatti ricevuto dalla European Medicines Agency una “conditional marketing authorisation” (“autorizzazione all’immissione in commercio condizionata”) che viene concessa per definizione sulla base di dati clinici meno completi di quelli normalmente richiesti e in presenza di un rischio insito nel fatto che sono ancora necessari dei dati aggiuntivi. La conditional marketing authorisation viene utilizzata quando i dati presentati dal produttore del farmaco non sono abbastanza solidi e completi da giustificare l’approvazione standard ed è tale da spostare parte della produzione e dell’acquisizione di prove relative ai benefici e ai rischi del farmaco dalla fase pre-autorizzazione alla fase post-autorizzazione. Un farmaco sottoposto a conditional marketing authorisation comporta dei rischi sconosciuti per il paziente cui viene somministrato. I frequenti ritardi nell’ottenimento da parte dell’European Medicines Agency dei dati completi su benefici e rischi del farmaco hanno un impatto negativo sulla salute pubblica prolungando l’esposizione dei pazienti a “rischi ignoti” (7) e, in un editoriale apparso sul British Medical Journal, si è potuto osservare come «anche quando i produttori finiscono per fornire dei dati clinici completi, si può difficilmente considerare come eticamente e clinicamente appropriato il fatto che i pazienti e i loro medici abbiano ignorato per molto tempo – più di sette anni in alcuni casi – il profilo rischi-benefici del farmaco che hanno utilizzato» (8);

4) e ancora, possiamo anche ricordare come, in relazione ai vaccini a mRNA e alle nanoparticelle lipidiche scelte da Pfizer-BioNTech e da Moderna per i loro vaccini, alcuni specialisti in biotecnologie farmaceutiche abbiano espresso preoccupazioni per le incognite legate agli effetti di tali nanoparticelle e sottolineato l’esigenza che siano condotti al riguardo degli studi indipendenti per verificare sicurezza ed efficacia a lungo termine (9).

Un rapporto rischio\beneficio problematico

La conseguenza di quanto abbiamo nel complesso osservato è la seguente: il vaccino covid-19 è una forma di sperimentazione medica sugli esseri umani.

Il caso del vaccino covid-19 AstraZeneca lo mostra empiricamente e in modo inequivocabile. Nel marzo 2021 l’utilizzo del vaccino AstraZeneca, dopo che era già stato somministrato a numerosi cittadini europei, viene sospeso in Italia e in numerosi paesi europei a causa di eventi avversi gravi segnalati a seguito della vaccinazione (vedi il comunicato del 15 marzo 2021 dell’Agenzia italiana del farmaco). Alcuni giorni dopo la sospensione, un comunicato dell’Agenzia europea per i medicinali ritiene i benefici del vaccino superiori ai rischi, riconosce il possibile legame del vaccino con casi di trombi associati a bassi livelli di piastrine e segnala che le informazioni sul prodotto saranno modificate. Dopo il comunicato dell’Agenzia europea per i medicinali, in Italia (come anche in altri paesi europei) l’utilizzo del vaccino AstraZeneca riprende, inizialmente per tutte le fasce di età (vedi la circolare del 19 marzo 2021 del ministero della salute italiano), successivamente solo per le persone di età pari o superiore ai 60 anni, mentre alle persone di età inferiore ai 60 anni vaccinate con una prima dose di AstraZeneca viene proposto (in un primo momento obbligatoriamente, poi solo preferibilmente) un vaccino a mRNA come seconda dose (vedi la circolare dell’11 giugno 2021 e la circolare del 18 giugno 2021).

Peraltro, si noti a margine, il vaccino AstraZeneca non è mai stato autorizzato in Svizzera in quanto l’autorità svizzera competente (Swissmedic) ritiene che i dati disponibili non consentano di prendere una decisione positiva sul rapporto rischi/benefici di tale vaccino (vedi il comunicato Swissmedic del 3 febbraio 2021). Quanto accaduto con il vaccino AstraZeneca sarebbe inconcepibile per un farmaco non sperimentale e incomprensibile se non ci trovassimo nell’ambito di una sperimentazione medica. Infine, mentre scrivo, si apprende che Svezia, Danimarca e Finlandia hanno sospeso l’utilizzo del vaccino Moderna per le persone più giovani a causa del rischio di miocarditi.

Conclusione

Il  presente articolo non esprime alcun giudizio di valore sulla sperimentazione medica sugli esseri umani. Diversamente, l’articolo afferma semplicemente come da un punto etico e giuridico nessuno possa essere obbligato a sottoporsi a una forma di sperimentazione medica (e quindi anche ai vaccini genici anti-covid) in assenza di un consenso realmente libero e informato.

Ciò è imposto da tutti i più importanti documenti che hanno disciplinato la sperimentazione medica ed enunciato in materia principi accettati a livello internazionale, a partire dal Codice di Norimberga (1947), decalogo di dieci principi in materia di sperimentazione medica sugli esseri umani elaborato nell’ambito del processo di Norimberga come reazione alle sperimentazioni su persone non consenzienti realizzate da medici nella Germania nazista, il cui primo principio stabilisce che per condurre una sperimentazione medica ammissibile da un punto etico e legale: «Il consenso volontario del soggetto umano è assolutamente essenziale». E, come affermano i giudici, «questo significa che la persona coinvolta deve avere la capacità legale di dare il consenso; che deve essere posta nelle condizioni di esercitare un libero potere di scelta, senza l’intervento di alcun elemento di forza, di frode, di costrizione, di dolo, di inganno o di altre ulteriori forme di costrizione o coercizione; che deve avere sufficienza conoscenza e comprensione di ciò che l’esperimento implica, in modo da permettere una decisione consapevole e informata» (10).

Più vicina ai nostri giorni, ricordo la Convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina (Oviedo, 1997), primo trattato internazionale approvato in materia di bioetica, che all’articolo 5 «Regola generale» dispone: «Un intervento nel campo della salute non può essere effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato consenso libero e informato. Questa persona riceve innanzitutto una informazione adeguata sullo scopo e sulla natura dell’intervento e sulle sue conseguenze e i suoi rischi. La persona interessata può, in qualsiasi momento, liberamente ritirare il proprio consenso». Il capitolo V della Convenzione di Oviedo riguarda la «Ricerca scientifica» e stabilisce chiaramente: «La ricerca scientifica nel campo della biologia e della medicina si esercita liberamente sotto riserva delle disposizioni della presente Convenzione e delle altre disposizioni giuridiche che assicurano la protezione dell’essere umano» (Articolo 15 «Regola generale»). «Nessuna ricerca può essere intrapresa su una persona a meno che le condizioni seguenti non siano riunite: […] iv la persona che si presta ad una ricerca è informata dei suoi diritti e delle garanzie previste dalla legge per la sua tutela; v il consenso di cui all’articolo 5 è stato donato espressamente, specificamente ed è stato messo per iscritto. Questo consenso può, in ogni momento, essere liberamente ritirato» (Articolo 16 «Tutela delle persone che si prestano a una ricerca») (11).

La Convenzione di Oviedo è stata promossa dal Consiglio d’Europa e proprio l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa nella Risoluzione 2361 del 27 gennaio 2021 ha preso una chiara e netta posizione in relazione al vaccino covid-19 e all’ipotesi di renderlo obbligatorio. Nella Risoluzione si legge: «L’Assemblea esorta gli Stati membri e l’Unione europea: […] 7.3 nel garantire un alto livello di accettazione dei vaccini: 7.3.1 di assicurarsi che la cittadinanza sia informata che la vaccinazione non è obbligatoria e che nessuno subisca pressioni politiche, sociali o di altro tipo per essere sottoposto al vaccino se non desidera vaccinarsi; 7.3.2 di vigilare affinché nessuno sia vittima di discriminazione per il fatto di non essere vaccinato, a causa di potenziali rischi per la salute o perché non desidera vaccinarsi» e ancora: «7.5 per quanto riguarda il monitoraggio degli effetti a lungo termine dei vaccini contro il covid-19 e della loro sicurezza: […] 7.5.2 di utilizzare i certificati di vaccinazione esclusivamente per monitorare l’efficacia del vaccino, i potenziali effetti secondari e gli eventi avversi»

La posizione del Consiglio d’Europa è dotata di una notevole rilevanza politica e giuridica, non solo per il ruolo e l’autorevolezza dell’organo che l’ha espressa, ma anche in quanto tale posizione appare esprimere al meglio, in relazione al vaccino covid-19, i principi affermati nella Convenzione di Oviedo e più in generale quello “spirito di libertà” che caratterizza la tradizione politico-giuridica contemporanea delle società europee occidentali.

Anche se attualmente, in Francia e in Italia, i governi costringono (con obblighi diretti e indiretti) i cittadini a sottoporsi al vaccino covid-19, tale vaccino resta una forma di sperimentazione medica. E, più in generale, come sottolinea Philippe Segur, «la pandemia di covid-19 ha condotto le autorità sanitarie ad autorizzare una sperimentazione vaccinale su larga scala senza precedenti nella storia della medicina» (vedi l’Episodio 52 della presente inchiesta []), e il tutto per rispondere a una malattia (il covid-19) che ordinariamente rappresenta un reale pericolo solo per le persone molto anziane e/o affette da importanti malattie preesistenti.

Riferimenti

(1) Sulla sperimentazione medica sugli esseri umani, anche per ulteriore bibliografia, cfr. almeno R.R. Faden, T.L. Beauchamp, A History and Theory of Informed Consent, Oxford University Press, New York-Oxford, 1986, p. 151 et s.; D.J. Rothman, Research, Human: Historical Aspects (1995) et K. F. Schaffner, Research Methodology. I. Conceptual Issues (1995, Revised by author) in S.G. Post (ed.), Encyclopedia of Bioethics, 3rd edition, Macmillan Reference USA, New York, 2004, p. 2316 et s. et p. 2326 et s.; A.V. Campbell, Bioethics: The Basics, Routledge, New York-London, 2013, p. 115 et s.; J.D. Moreno, D. Sisti, Biomedical Research Ethics: Landmark Cases, Scandals, and Conceptual Shifts, in J.D. Arras, E. Fenton, R. Kukla (eds.), The Routledge Companion to Bioethics, Routledge, New York-London, 2015, p. 185 et s. 

(2) Nel classico Principles of Biomedical Ethics Tom Beauchamp e James Childress ritengono che l’espressione “ricerca terapeutica” debba essere utilizzata con prudenza in quanto «the term therapeutic research is potentially misleading because, when misunderstood, it draws attention away from the fact that research is being conducted» (T.L. Beauchamp, J.F. Childress, Principles of Biomedical Ethics, Seventh Edition, Oxford University Press, New York, 2013, p. 333).

(3) Cfr. P.U. Macneill, Regulating Experimentation in Research and Medical Practice, in H. Kuhse, P. Singer (eds.), A Companion to Bioethics, Second edition, Wiley-Blackwell, Oxford, 2009, p. 469.

(4) S. Pollo, Sperimentazione su esseri umani, in E. Lecaldano, Dizionario di bioetica, Laterza, Roma-Bari, 2002, p. 494.

(5) Anche nel caso del miglior trattamento disponibile consolidato esistono dei rischi per la salute del paziente, tuttavia non solo si tratta di rischi noti, prevedibili e limitati, ma tale miglior trattamento è caratterizzato da “benefici” per la salute del paziente pacificamente considerati in ambito medico come superiori ai “rischi”.

(6) Cfr. R.R. Faden, T.L. Beauchamp, A History and Theory of Informed Consent, op. cit., p.  151-152.

(7) Come osservano L.T. Bloem, A.K. Mantel-Teeuwisse, H.G.M. Leufkens, et al., Postauthorization Changes to Specific Obligations of Conditionally Authorized Medicines in the European Union: A Retrospective Cohort Study, in Clinical Pharmacology & Therapeutics, 2019, p. 426 et p. 430-431.

(8) R. Banzi, C. Gerardi, V. Bertelè, S. Garattini, Conditional approval of medicines by the EMA, in British Medical Journal, 2017.

(9) Cfr. J.W. Ulm, Rapid response. Will covid-19 vaccines save lives? Current trials aren’t designed to tell us, in British Medical Journal, 2020 (21 December 2020); S. Tinari, The EMA covid-19 data leak, and what it tells us about mRNA instability, in British Medical Journal, 2021 (10 March 2021).

(10) Sulla sperimentazione medica sugli esseri umani, oltre al Codice di Norimberga, possiamo almeno ricordare la Dichiarazione di Helsinki (1964), elaborata dalla World Medical Association, e il Rapporto Belmont (1979), elaborato da una commissione del governo degli Stati Uniti.

(11) La Convenzione di Oviedo è diritto vigente sul territorio francese (legge n. 2011-814 del 7 luglio 2011 relativa alla bioetica). In Italia la Convenzione è stata ratificata con legge 28 marzo 2001, n. 145, ma il processo di ratifica non è stato poi completato; in ogni caso, la Convenzione può e deve essere utilizzata come strumento ermeneutico, nel senso che le fonti interne italiane devono essere interpretate in modo il più possibile conforme alla Convenzione (sul valore giuridico della Convenzione di Oviedo in Italia vedi B. Conforti, Diritto internazionale, Editoriale Scientifica, Napoli, 2014, p. 357; A.A. Negroni, Il diritto al consenso informato nella Costituzione, in Id. (a cura di), Il consenso informato tra bioetica e diritto, Vicolo del Pavone, Tortona, 2020, p. 107-109).